Archeometria e diagnostica

Responsabili: Sabrina Gualtieri, Michele Macchiarola
Personale coinvolto: Francesca Gambino, Francesca d’Aniello, Sonia Conte

Gli studi archeometrici attraverso caratterizzazioni chimico-mineralogiche, microstrutturali e fisiche permettono la conoscenza del materiale antico (materiali ceramici, lapidei naturali ed artificiali e musivi) al fine di ricostruirne la provenienza e le tecnologie di produzione.
Lo studio si estende anche alla ricerca della materie prime e alla loro caratterizzazione fino ad arrivare al confronto con manufatti coevi anche provenienti da altre aree. Tali informazioni unitamente a quelle storico-archeologiche permettono di individuare e ricostruire rotte commerciali e/o di maestranze che per vari motivi si spostarono attraverso i territori.

La conoscenza del materiale comprende anche lo studio dei fenomeni che si innescano durante la “vita” dell’oggetto artistico e dopo la sua “morte”, per esempio durante la permanenza nel terreno o in ambiente subacqueo.

Lo studio del degrado, la valutazione e la ricostruzione dei meccanismi che lo innescano è un elemento fondamentale per approntare un corretto intervento di restauro e successivamente pianificare un intervento conservativo adeguato.

Strumenti e Processi
Gli studi di provenienza richiedono l’uso combinato di metodi mineralogici e chimici. La microscopia ottica (a luce trasmessa su sezione sottile e a luce riflessa), la diffrattometria di raggi X (XRD), la spettroscopia IR (FT-IR), la fluorescenza di raggi X (XRF) e la spettrometria di emissione al plasma (ICP-AES) sono comunemente usate con questo scopo. Quando è possibile campionare materie prime argillose si fa uso anche dell’analisi granulometrica.

L’analisi mineralogica permette di individuare i minerali costituenti l’oggetto culturale (ceramica, pietra o malta), e indirettamente risalire alle materie prime impiegate. A volte la presenza di minerali o associazioni di minerali tipici di zone geografiche permette di risalire all’area di approvvigionamento.
La composizione chimica (la concentrazione degli elementi chimici) di un materiale è la sua carta d’identità. Confrontando le composizioni di produzioni e materie prime, è possibile circoscrivere le aree di provenienza.

Le informazioni sulle tecnologie di lavorazione vengono ricavate mediante analisi  di tipo petrografico e chimico, a volte anche fisico.  La microscopia ottica a luce riflessa, microscopia ottica a luce trasmessa su sezione sottile, osservazione al microscopio elettronico a scansione (SEM) abbinato alla microsonda a dispersione di energia (EDS); a seconda dei casi: misure di densità e di porosità (MIP), analisi termiche (DTA-TGA), analisi colorimetriche, analisi Raman sono tecniche analitiche usate per tutti i tipi di materiali antichi.
Fondamentale nello studio archeometrico è l’elaborazione dei dati e la loro interpretazione, cioè la combinazione di tutti i risultati ottenuti.

Lo studio diagnostico si interessa ad un sistema multiplo, cioè oggetto culturale, ambiente e interazione, con il riconoscimento delle fasi di alterazione e/o degrado e del loro grado di avanzamento. Alle analisi già viste si affianca anche l’analisi dei sali solubili.

A sinistra: campionamento da un pannello della scuola dei Della Robbia; a destra analisi con XRF portatile

Principali collaborazioni
Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna
Università di Bologna, Beni Culturali
Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza
Fondazione Flaminia, Ravenna